Castello Normanno-Svevo @ Lamezia Terme
Henry Swinburne descrisse, nel 1778, il castello di Nicastro come "un romantico rudere in posizione pericolante sul letto di un fragoroso torrente che scorre giù in una valle buia e boscosa".
La storia della piana lametina è stata da sempre segnata da continui scontri militari e dalla necessità di difesa dalle sempre più intense incursioni musulmane. Tutta la costa tirrenica, già a partire dal sec. VII, fu oggetto di assedi, invasioni e continue scorrerie provenienti direttamente dall’Africa o dalla Sicilia occidentale. Si trattava sia di contingenti di truppe organizzate dagli emirati e califfati, sia di comuni pirati e predoni. Questi sbarcavano sulle coste saccheggiandole e lasciandosi dietro distruzione e morte. Gli assalti si ripetevano a distanza di poco tempo e quasi tutte le città bizantine subirono occupazioni, tanto che ai primi del sec. X una buona parte della Calabria era in mano ai saraceni, se pure episodicamente. La conseguenza più grave fu l’abbandono dei litorali da parte delle popolazioni.
Ergendosi su di una sporgenza rocciosa, laddove è la sommità del colle di San Teodoro, il Castello Normanno-Svevo di Lamezia Terme si presenta maestoso, mai sconfitto neanche dal quel secolare trascorrere del tempo a cui i suoi ruderi resistono fieri. E da qui, il maniero domina tutto l’antico borgo di Nicastro, affacciandosi poi a strapiombo sul torrente Canne, fermo nella sua vocazione a controllo e difesa dell’estesa Piana di Sant’Eufemia fino al mare. Costruito dai Normanni tra la fine del XI e gli inizi del XII secolo, anche se si presume sorga su una struttura bizantina ancora più antica, il Castello Normanno-Svevo era punto di grande rilevanza. Distante dal mare, ma in posizione tale da poterlo "dominare" e guadagnar tempo nel difendersi.
Nelle epoche successive fu soggetto a diverse modifiche predisposte principalmente dall’imperatrice Costanza d’Altavilla e, nel 1235, dall’imperatore Federico II. Così, il Castello Normanno Svevo fu ampliato nel perimetro della zona bassa, fu potenziato in tutte le sue strutture difensive e nella cinta muraria intervallata da torri. Fu inserito nel piano difensivo dell’Italia Meridionale e quindi sempre più concepito nell’austera veste di imponente fortificazione militare alla quale furono aggiunti spazi destinati a caserme successivamente adibite a carceri. In tutto si potevano contare sedici distinti corpi di fabbrica, un’ala residenziale, una piazza d’armi e uno spazio destinato a cisterna: una magnificenza evocata ancora oggi dal fascino di ciò che suggestivamente ha sfidato lo scorrere del tempo e che si ripercorre negli importanti frammenti delle sue quattro torri cilindriche, delle mura, dei bastioni, di cui uno pentagonale, di un contrafforte con loggetta e dei ruderi di un corpo ottagonale.
Il declino di questo imponente castello cominciò con i danneggiamenti parziali del terremoto del 1609. Fu poi colpito in maniera grave da quello del 1638 che seppellì sotto le macerie il nuovo principe Cesare d’Aquino. Fu praticamente abbandonato dopo l’altro disastroso terremoto del 1783. Il castello normanno-svevo, oltre ad essere il simbolo di Nicastro, ha sempre esercitato un’attrattiva particolare per i molti viaggiatori stranieri che dal ‘700 in poi hanno visitato la Calabria. A tutti, come scriveva nel suo resoconto di viaggio il già citato Henry Swinburne nel 1778, il castello di Nicastro appariva allora come “un romantico rudere in posizione pericolante sul letto di un fragoroso torrente che scorre giù in una valle buia e boscosa”.
Storia e mito, attrattiva e paura si sono sempre mescolate intorno a questo maniero, avvolgendolo in un alone di mistero. Specialmente dopo il rovinoso terremoto del 1638, che abbatté il castello seppellendo sotto le macerie il feudatario principe Cesare d’Aquino, sono sorte tante suggestive leggende come quella della tana delle fate, quella della chioccia e i pulcini d’oro e, soprattutto, quella del paggio e della principessa. Tra tutte, vorremmo qui raccontarvi l’ultima citata, ovvero quella di un cavaliere che di notte si aggira intorno ai ruderi del castello e tanti giurano tutt’oggi di sentire distintamente lo scalpiccio degli zoccoli del cavallo. Sarebbe lo spirito di Gerlando. Il tutto è collegato al racconto riguardante Federico II che nel 1245 abitava nel castello con tutta la sua famiglia. Dall’imperatore in persona fu adottata una trovatella che era stata accolta nella corte e alla quale fu imposto il nome germanico di Ingrid. Tra i tanti paggi che prestavano servizio nel castello ce n’era uno di nome Gerlando che fu assegnato al servizio della principessa Ingrid e finì per innamorarsene. Venutolo a sapere, l’imperatore minacciò di morte il paggio che, avvisato da Ingrid, in piena notte saltò in groppa ad un cavallo e fuggì dalla porta principale del castello che era fortunosamente aperta, rifugiandosi nella boscaglia sovrastante. L’imperatore diede ordine ai soldati di inseguirlo e riportarlo al castello. Ma fu tutto inutile e nessuno seppe dare notizie di Gerlando. Allora l’imperatore diresse la sua ira contro la principessa Ingrid facendola rinchiudere.
Sfortunatamente, ad oggi, non è possibile visitare l’interno del castello. Anche se, la vista del castello e del borgo, di per sé, ha un fascino incredibile. Come ad esempio di sera, illuminato dalle luci della città sottostante, offre una veduta spettacolare. Il Castello Normano è sicuramente uno dei castelli più belli da visitare in Calabria.